La scelta del vino per il pranzo di Natale è, per molti, una questione delicata. La bottiglia che si posa sulla tavola è parte integrante del rito, elemento indispensabile per creare la giusta atmosfera.
Il vino da servire a Natale dovrebbe possedere un sapore unico: quello di un augurio, di una suggestione pronta a farsi memoria lieta. Ma non è mai semplice trovare la bottiglia capace di accordarsi allo spirito della festa, di dialogare con i piatti e, al tempo stesso, di raccontare la storia della famiglia riunita attorno alla tavola.
Il vino giusto deve riflettere il gusto di chi l’ha scelto e saper assecondare le attese dei commensali. E non solo… Deve dimostrarsi invitante e avvolgente, la scelta giusta per esaltare il sapore delle portate, adatto per brindare, in armonia con l’atmosfera di una festa che celebra una ricorrenza religiosa e il piacere di ritrovarsi.
Il pranzo di Natale è un rito che unisce, una potente celebrazione di tradizioni antiche o rinnovate, di sentimenti e di affetti. La convivialità ne è la trama, e il vino ne diventa il mezzo indispensabile, il filo che lega i sapori alle emozioni.
Le regole d'oro per scegliere il vino di Natale
Trovare il vino perfetto per simili occasioni non è poi così arduo come potrebbe sembrare. Occorre però che si tengano a mente alcune precise regole. In altre occasioni, il vino può agire da protagonista assoluto sulla tavola. Ma non a Natale, dove è necessario che la bottiglia si muova come un narratore discreto in un racconto: una suggestione che illumina la scena senza abbagliarla, un accento opportuno che cade sulla sillaba giusta del verso poetico.
Bisogna innanzitutto rispettare la struttura dei piatti, puntando sempre a esaltare i sapori senza soffocarli. Infine, è necessario decidere se si vuole percorrere la via dell’armonia, attraverso la concordanza, o quella del gioco sottile dei contrasti.
Dietro ogni abbinamento riuscito c’è una domanda semplice: cosa c’è nel piatto, qual è la sua struttura? Occorre dunque ragionare secondo categorie particolari: intensità, grassezza, sapidità, dolcezza, acidità, aromaticità…
Ecco, il vino deve saper dialogare con tutte queste sfumature, senza alzare la voce. Torniamo alla metafora della luce gettata sulla scena. La bottiglia sul tavolo del pranzo di Natale deve mettere a fuoco il sapore giusto dei piatti. E per farlo è utile capire cosa si vuol far emergere dalla portata.
In generale, è doveroso che il vino si preoccupi di bilanciare l’intensità del piatto. Se, per esempio, si è scelto di servire un primo delicato, occorre abbinarlo a un vino fine. Se invece la tavola ha accolto una pasta ricca, particolarmente grassa, una bottiglia più complessa e strutturata sarà più che opportuna.
Serve anche rispettare la materia prima, sempre in accordo con l’idea che il vino debba accompagnare e non coprire i sapori e i profumi dei piatti.
Abbinare per concordanza o contrasto
Gli approcci possibili nell’abbinamento sono fondamentalmente due: quello della concordanza e quello del contrasto. Per concordanza si intende nient’altro che armonia: il tentativo di tenere insieme, attraverso un rispecchiamento di suggestioni, i sapori del cibo e del vino.
La bottiglia al centro della tavola cercherà dunque di accordarsi al piatto secondo le regole dell’analogia: morbidezza con morbidezza, eleganza con eleganza, struttura su struttura.
Un esempio classico è quello dei cappelletti in brodo, da accompagnare con un bianco gentile e sapido o con un rosso giovane e frizzante, in modo da poter godere di una bevanda che amplifica la delicatezza del piatto senza spezzarla.
Il contrasto segue il concetto della compensazione: l’acidità che si oppone alla grassezza, la mineralità che reagisce all’untuosità. La bottiglia non si limita, ovviamente, a opporsi al sapore dominante del cibo, ma prova a compensare una determinata caratteristica del piatto, scegliendo di non imitarla né assecondarla.
Così, se il piatto è grasso e untuoso, il vino dovrà essere fresco e acido, in modo da sgrassare la bocca. Quando invece la nota dominante del cibo è la dolcezza, il vino scelto per contrasto punterà a esprimere acidità per riequilibrare. Così come accade nel caso di un rosso morbido che accompagna un secondo molto sapido.
In pratica, il contrasto funziona come una bilancia, con il vino che, alla stregua di un peso, interviene per aggiungere ciò che manca e riportare armonia. A Natale, i fritti serviti durante l’antipasto saranno perciò accompagnati da uno spumante o da un bianco secco: bottiglie ideali per asciugare la bocca e preparare il palato a un nuovo boccone.
L'importanza della struttura: vini giovani per piatti semplici, vini maturi per carni rosse
Quando si parla di vino, il concetto di struttura non va inteso come un tecnicismo o un riferimento da evocare per atteggiarsi da esperti. La struttura è l’architettura di base del prodotto, la sua spina dorsale, la sua essenza. E durante i pranzi di Natale, quando di solito le portate si susseguono alternando sapori e consistenze, l’interpretazione corretta della struttura diventa la chiave per non sbagliare negli abbinamenti.
Un vino troppo leggero rischia di scomparire accanto a un arrosto. Una bottiglia troppo importante, corposa, può mortificare la delicatezza di un brodo. Di nuovo, occorre saper bilanciare e ragionare per concordanza o contrasto, tenendo sempre a mente un fine: un equilibrio basato sul senso di proporzione. Grazie alla struttura, possiamo scegliere il vino che abbia la stessa espressività del piatto in tavola.
Di solito i pranzi di Natale assomigliano a un crescendo: partono con leggerezza, poi salgono di intensità e chiudono in dolcezza. I vini devono assecondare questa progressione. Ecco perché il più delle volte si comincia con vini giovani e freschi, in modo da aprire il pranzo con brio. Si continua affidandosi a vini maturi e complessi, in modo da sostenere i piatti più importanti. E si finisce con passiti o spumanti dolci, così da accompagnare la dolcezza del panettone e degli altri dessert che chiudono il pranzo.
I vini giovani, con la loro acidità e i loro profumi, portano energia e vivacità. Sono quindi gli abbinamenti ideali per le fritture leggere, le insalate, gli antipasti di salumi delicati e i primi con frutti di mare o condimenti in bianco. All’inizio del pranzo è infatti consigliabile bere qualcosa che rinfreschi il palato, alleggerisca mente e stomaco per prepararsi alla sequenza dei piatti, al prosieguo del pasto, senza appesantire.
I vini maturi portano con sé aromi più evoluti, un corpo pieno e tannini levigati. Sono gli accompagnatori d’elezione per secondi di carni rosse, per gli arrosti, i brasati e i piatti a lunga cottura. Con la loro complessità sanno amplificare la ricchezza della preparazione, assecondandone la persistenza.
Bollicine: l'accoglienza e i brindisi
L’anidride carbonica in eccesso fa male all’ambiente, ma fa benissimo al pranzo di Natale. Quando sale in perle sottili nei bicchieri porta con sé gli aromi, li sprigiona e li rende più intensi. Lo spumante secco o il metodo classico sono i riferimenti imprescindibili per dare il via alla festa: sono i vini dell’accoglienza.
Bottiglie da stappare e servire all’arrivo degli ospiti, per accompagnare tartine, finger food e fritture. Serve quel preciso segnale che può essere offerto solo dalle bollicine e dalla loro freschezza. Un brindisi con un altro tipo di vino è sempre possibile, ma non dà la stessa soddisfazione.
Idealmente, le bollicine fungono da cornice del pranzo di Natale: aprono e chiudono la celebrazione, fanno da prologo ed epilogo. Funzionano come gesto di benvenuto, per dare freschezza e vivacità e per inaugurare la convivialità. E alla fine del pasto possono tornare per l’ultimo brindisi, stemperando la dolcezza e rendendo il finale meno pesante e più armonico.
Dall'antipasto ai primi piatti: vini bianchi e rosé
Come anticipato, i pranzi natalizi hanno bisogno, nel loro incipit, di vini che sappiano pulire il palato e accompagnare le portate senza coprirle.
Si scelgono dunque bianchi giovani e freschi, cercando di portare a tavola caratteristiche precise: vivacità, media acidità, profumi fruttati e floreali e leggerezza. La funzione specifica è quella di contrastare l’untuosità dei fritti serviti come antipasti ed esaltare la delicatezza delle verdure e dei pesci che spesso introducono il pasto.
Bianchi come Vermentino, Falanghina, Greco di Tufo, Pinot Bianco e Orvieto DOC, come il Ca’ Viti di Cantine Neri, possono accompagnare perfettamente fritti di stagione: carciofi, zucchine, crocchette di patate o mozzarelline. Lo stesso vale per altri antipasti classici come frutti di mare, insalate di mare, frittura di pesce, bocconi di pasta sfoglia o pane, spesso farciti con mousse, paté o creme al salmone.
I rosé leggeri, con la loro freschezza, le note di frutti rossi e i tannini appena accennati, sono invece ottimi con salumi non troppo stagionati e finger food, dato che uniscono la vivacità del bianco alla versatilità del rosso. Riescono ad accordarsi bene anche con piatti regionali di grande carattere come l’insalata di rinforzo, tipica dell’area campana. Le soluzioni classiche sono Chiaretto del Garda, Etna Rosato e Cerasuolo d’Abruzzo giovane.
I bianchi giovani e i rosé possono risultare ottimi accompagnamenti anche per alcuni primi: cappelletti in brodo, tortellini, lasagne bianche, risotti ai frutti di mare o alle verdure e paste ripiene con condimenti leggeri trovano equilibrio nella vivacità e nell’acidità dei bianchi più giovani.
I rosé, grazie al loro corpo più accentuato e agli aromi un po’ più complessi, sono poi ideali per primi con condimenti più ricchi, come lasagne e cannelloni: piatti dove serve un vino che regga la materia senza appesantire.
L'aperitivo e gli antipasti leggeri
Per l’aperitivo e gli antipasti leggeri del pranzo di Natale, la scelta ideale ricade sulle bollicine secche e sugli spumanti freschi. Ma vanno bene anche i bianchi giovani, se leggermente aromatici. Quanto ai rosé, possono accordarsi agli aperitivi se molto leggeri o se l’antipasto è all’insegna dei salumi delicati e del finger food.
Per non sbagliare, conviene orientarsi verso un Franciacorta, uno Champagne Brut o un Prosecco di qualità Brut o Extra Dry, perché non c’è niente di meglio per stimolare l’appetito. I bianchi giovani possono comunque accompagnare con soddisfazione la freschezza dei piatti, specie se l’aperitivo è a base di pesce. I rosé leggeri funzionano quando c’è bisogno di aggiungere versatilità e colore.
Rosé strutturati per i piatti a base di verdure o crostacei
I rosé possono essere anche più strutturati. E sono proprio queste bottiglie a rappresentare una scelta particolarmente raffinata per il pranzo di Natale, soprattutto quando si tratta di accompagnare piatti a base di verdure elaborate o crostacei.
Non parliamo più di rosé leggeri da aperitivo, ma di vini con corpo, complessità aromatica e una buona persistenza. Bottiglie capaci di sostenere anche preparazioni più ricche. Succede, per esempio, nell’abbinamento con le torte salate, le lasagne vegetariane, i carciofi ripieni e piatti della tradizione come la parmigiana di melanzane.
Il rosato deve avere struttura sufficiente a reggere il carattere del piatto e, al contempo, deve continuare a esprimere freschezza e morbidezza. Tali caratteristiche dei rosé si accordano particolarmente bene ai primi e ai secondi a base di crostacei: gamberi, scampi, aragoste. Il matrimonio funziona perché la dolcezza naturale del crostaceo trova equilibrio nelle note fruttate e speziate del rosé strutturato.
Secondi e contorni: vini rossi umbri
Certi rossi umbri portano al pranzo di Natale profondità e identità territoriale. Per i secondi e i contorni tipici del pranzo di Natale, che esaltano la ricchezza della carne e dei condimenti, servono rossi importanti, capaci di accompagnare la persistenza del sapore e degli aromi senza coprirli.
Occorre anche una tannicità adatta a levigare la succulenza della carne. Ecco perché, quando si pensa all’arrosto di Natale o a preparazioni come cappone e tacchino, si guarda a rossi dai tannini nobili come il Barolo, il Brunello di Montalcino, il Chianti Classico Riserva o il Taurasi DOCG.
Anche i rossi umbri possono dare soddisfazioni. Vini come il Sagrantino di Montefalco, il Rosso di Montefalco, l’Orvietano Rosso e il Torgiano Rosso Riserva: tutte etichette che rappresentano opzioni molto interessanti per chi cerca eleganza e persistenza, carattere e versatilità, ovvero la capacità di abbinarsi a carni rosse arrosto o carni bianche ripiene servite con salse ricche.
Mai sottovalutare i vini umbri quando si cercano rossi strutturati, intensi e capaci di accompagnare arrosti, brasati e piatti ricchi della tradizione, contorni compresi: lenticchie, carciofi alla romana o gratinati, patate al forno e funghi arrostiti.
Arrosti e carni ripiene
Quando si serve un arrosto o nel momento in cui la tavola accoglie dei secondi di carni ripiene, è logico che entrino in scena i rossi di struttura. In questi casi, i prodotti della tradizione umbra possono sostenere con efficacia la ricchezza di tali preparazioni.
Un Sagrantino di Montefalco o un Rosso Orvietano DOC sostengono il sapore degli arrosti e delle carni ripiene. Un Orvietano DOP, come il Rosso dei Neri prodotto dalle Cantine Neri, può esaltare il sapore dell’arrosto accompagnato da funghi. Sagrantino e Orvietano, con il solo sentore un po’ fruttato e il loro carattere robusto, sono perfetti anche con la faraona e il coniglio ripieno.
Il Sagrantino, grazie ai tannini vigorosi e al grande corpo, è anche il vino ideale da servire con la selvaggina e le carni più speziate. Per gli arrosti di vitello e agnello, la soluzione interessante è il Torgiano Rosso.
Brasato e bollito
Il brasato e il bollito sono altri due secondi tipici delle feste, e anche in questo caso l’Umbria offre dei rossi perfetti per accompagnarli. Il brasato, cui per tradizione si associa il Barolo piemontese, in quanto piatto ricco, intenso e di lunga cottura, può accogliere con soddisfazione anche un abbinamento con il Sagrantino, il rosso umbro più potente. L’intensità aromatica del Rosso di Montefalco, con i suoi sentori di frutta matura e di spezie e le spiccate note balsamiche, è perfettamente in grado di sostenere la complessità del brasato.
Anche il Montefalco Rosso, un blend di Sangiovese e Sagrantino, può accompagnare il brasato con eleganza, senza eccessiva durezza tannica.
Il bollito misto, con carni lessate e salse di accompagnamento come mostarda o salsa verde, è un secondo più delicato del brasato, ma rivela comunque un carattere complesso per varietà di tagli e condimenti. Serve quindi che ad accompagnarlo sia un rosso elegante e di buona freschezza, come il Torgiano Rosso Riserva.
Agnello e anatra
L’agnello, soprattutto arrosto o cucinato al forno con erbe aromatiche, si esprime come una carne succulenta, saporita e leggermente grassa. Anche in questo caso, quindi, si potrebbe optare per un Sagrantino di Montefalco. Tale rosso, con la sua potenza tannica e la struttura imponente, potrebbe infatti bilanciare con merito la grassezza dell’agnello ed esaltare le note aromatiche delle erbe.
L’anatra, anch’essa arrosto o in preparazioni con salse agrodolci, si dimostra un secondo più sapido e untuoso, ma dagli aromi intensi. Di conseguenza, il piatto deve essere accompagnato da un rosso elegante e complesso, con tannini levigati: un Orvietano o un Torgiano.
Le carni dal gusto deciso richiedono in generale vini altrettanto caratterizzati. Quindi, possono andare bene anche i Cabernet Sauvignon umbri o blend locali con Merlot e Sangiovese, vini che offrono struttura e profondità.
Con il foie gras, l’abbinamento classico è con un Orvieto Classico Superiore Muffa Nobile: il Poggio Forno, un vino dolce prodotto dalle Cantine Neri e ottenuto da uve colpite dalla Botrytis Cinerea, che concentra zuccheri e aromi. Si abbina al foie gras perché la sua dolcezza equilibrata e la freschezza acida bilanciano la grassezza e l’intensità del piatto, creando un contrasto armonico molto sofisticato.
Il gran finale: spumanti dolci e vini da dessert
La celebrazione del Natale a tavola si deve chiudere con un momento dolce e vivace. Ed è qui che entrano in scena gli spumanti dolci e i vini da dessert. Bottiglie come l’Asti Spumante o il Moscato d’Asti sono dei super-classici: li vedi e sai che è Natale.
Rappresentano una scelta ideale perché, con la loro dolcezza naturale, si armonizzano bene con quasi tutti i dolci tipici delle feste: dal panettone ai biscotti speziati, dal torrone agli struffoli.
Serve in generale un vino che stemperi la ricchezza del burro, della ricotta, delle spezie e dello zucchero, lasciando il palato pulito e pronto al brindisi finale. In realtà, ogni dolce ha il suo abbinamento perfetto o tradizionale.
Mettere sullo stesso piano panettone e cassata siciliana, panpepato e struffoli non ha molto senso. Alcuni dolci si abbineranno meglio a spumanti, altre preparazioni richiederanno passiti e vini da dessert.
Panettone e pandoro
Con sua maestà il panettone, il dolce tipico della Lombardia ormai consumato e prodotto in tutta Italia, la tradizione punta a stappare un spumanti dolci. Li abbiamo già citati: il Moscato d’Asti o un Asti dolce, per esempio. Questo perché le bollicine alleggeriscono il contenuto grasso e avvolgente del burro. E perché la loro dolcezza si armonizza bene con l’uvetta e i canditi presenti nell’impasto.
Il pandoro, il lievitato tipico del Veneto, si abbina tradizionalmente al Recioto di Soave, un vino caratterizzato da dolcezza elegante e da note di frutta secca: due suggestioni che accompagnano molto bene la sofficità del pandoro.
Tutti i dolci lievitati tipici del Nord si accordano con spumanti dolci o, al massimo, con passiti eleganti. I dolci speziati e ripieni, come il panpepato e la spongata, vogliono invece passiti complessi e Vin Santo. I dolci fritti e con ricotta, tipici del Sud, chiamano passiti mediterranei e vini dolci, liquorosi e aromatici.
Cioccolato fondente e dolci secchi
E i dolci con frutta secca e cioccolato? Che vino abbinare a un buccellato, a del torrone, al classico tronchetto o al cioccolato fondente? In questi casi, di solito, si opta per vini liquorosi e rossi più dolci.
Poi ci sono i biscotti secchi della tradizione, come i ricciarelli, i cantucci, i cavallucci, i mostaccioli… Per non sbagliare abbinamento, basta seguire una semplice regola tecnica: servire un vino da dessert con dolcezza pari o superiore al dolce, ma anche con freschezza e aromaticità per non rendere l’abbinamento stucchevole.
Il Vin Santo è, per esempio, l’abbinamento classico con i cantucci. Il Passito di Pantelleria si sposa con i biscotti ricchi di frutta secca o canditi, come i ricciarelli. Le bollicine possono abbinarsi a biscotti leggeri e speziati, come i cavallucci o i mostaccioli.
Brindisi di fine pasto: consigli per lo spumante secco o demi-sec
Poi arriva il momento del brindisi finale. Il pranzo è concluso e serve ritualizzare la chiusura del pasto in compagnia scegliendo una bottiglia da stappare per l’ultimo augurio e il brindisi. Bisogna scegliere tra uno spumante secco, cioè un Brut, o un demi-sec.
Di solito, la scelta dipende dal tipo di dolci serviti e dall’effetto che si vuole ottenere. Il Brut, caratterizzato da basso residuo zuccherino, freschezza e acidità vivace, si può stappare con soddisfazione dopo un pasto ricco, accanto a dolci non troppo zuccherati, oppure per chiudere con un’atmosfera più asciutta.
Il demi-sec può funzionare bene dopo aver assaggiato panettone, pandoro, struffoli o cassata, e se si desidera un brindisi più festoso e conviviale, con un sorso che sappia ancora di gioia e dolcezza.
Vino e regali di Natale: un'idea perfetta da Orvieto
Il vino, indispensabile per accompagnare il pranzo di Natale, è anche un dono prezioso e sempre gradito. Una bottiglia di Orvieto Classico DOC, con la sua storia millenaria e il suo equilibrio tra freschezza e tradizione, potrebbe per esempio essere un regalo perfetto per chi vuole donare a un amico o a un parente il sapore della terra umbra.
Il pensiero giusto se si è invitati a un pranzo di Natale e come dono per una persona cara. Anche uno spumante, magari un metodo classico extra brut come un Barrage, potrebbe essere un regalo gradito.
E per chi volesse pensare a qualcosa di diverso da una bottiglia, sul sito di Cantine Neri sono presenti tante idee regalo interessanti: voucher per esperienze e degustazioni organizzate nelle cantine, nelle vigne e nelle campagne orvietane. C’è, per esempio, un voucher della Blending Experience, valido per due persone. C’è quello per l’esperienza denominata “Sapori senza confini" e per l’iniziativa "Safari Enogastronomico".
Le altre esperienze da poter donare sono quelle della degustazione alla cieca o delle iniziative eno-culturali denominate "Sulle orme dei Templari", "Via Romea Germanica", "Lungo la via Francigena", "Nettare degli Etruschi" e "Vista rupe"


