La biodinamica è la scoperta, o il recupero, di un rapporto più spirituale con la natura. Applicata alla vite, questo approccio olistico significa trattare il vigneto come un ecosistema connesso a forze più sottili…
In una vigna biodinamica ogni pianta ha un’anima da riconoscere e rispettare. Ma non si cura solo il grappolo d’uva in sé. Si dà importanza anche a quella pietra solitaria che si trova ai margini del campo, agli insetti che ronzano attorno alla vite, ai minerali di cui è composta la terra, all’acqua con cui la si irriga…
In questo tipo di visione, ogni microrganismo ha senso e importanza come espressione di energia vitale infusa nella materia. E il vignaiolo diventa così una sorta di alchimista, un custode di equilibri invisibili.
Dal punto di vista pratico, la biodinamica rivela alcune analogie con l’agricoltura biologica. Ma si arricchisce anche di un senso esoterico e di pratiche spesso al limite del magico e del divinatorio.
Una coltivazione biologica si preoccupa solo di evitare pesticidi, concimi chimici e macchine troppo invasive. Una coltivazione biodinamica tiene conto anche delle energie cosmiche che aleggiano attorno, sotto o sopra la piantina, dei ritmi lunari che bisogna interpretare e rispettare e di alcuni preparati ad hoc con cui fertilizzare il terreno. Regole che si contaminano con l’omeopatia, l’astrologia e la magia.
Chi sposa l’agricoltura biodinamica e vuole produrre un vino secondo i crismi di tale approccio deve quindi sottostare a dei dettami molto precisi. Regole che oltre a inseguire l’uso di pratiche sostenibili puntano al recupero di rituali propiziatori, nella convinzione che la produzione vada intesa nella sua dimensione cosmica e spirituale. Insomma, si tratta di trascendere l’agronomia per sperimentare vie patafisiche e parafilosofiche.
I principi dell’agricoltura biodinamica applicati alla viticoltura
La biodinamica nasce negli anni ’20 dalle idee di Rudolf Steiner, un teosofo austriaco che poco e niente sapeva di agricoltura, ma che fondò una nuova disciplina chiamata antroposofia. Steiner si occupava un po’ di tutto: di pedagogia, medicina, spiritismo, buddhismo, estetica, filosofia della storia, politica. E, poco prima di morire, s’interessò anche di produzione agricola.
Convinto che l’uomo dovesse riscoprire la propria spiritualità, suggerì la necessità di imparare a interpretare il mondo intero come un tesoro inesauribile di misteri e rivelazioni. Una sorta di infinito da rispettare e celebrare in senso rituale, e da cui cogliere un senso generale e profondo. Un’armonia, spesso fraintesa o disprezzata, basata sul concetto orientale di prana, ovvero di spirito.
Steiner s’immaginò per esempio l’azienda agricola come un organismo vivente. Un luogo privilegiato dove riscoprire sé stessi e dar forma a uno stimolante processo di progressiva armonizzazione fra natura e uomo. Il tutto rispettando il suolo e la biodiversità.
Dal punto di vista scientifico, suggerì delle pratiche che da subito apparvero come controverse o del tutto insensate. Inventò strani rituali da rispettare, insistette sull’uso di sostanze simili a pozioni magiche e dichiarò che bisognava lavorare la terra seguendo un preciso calendario lunare. Nonostante simili eccentricità, il messaggio di fondo della biodinamica riuscì ad avere un’enorme eco culturale. E ancora oggi si parla di vini biodinamici. Vini prodotti secondo il metodo steineriano.
C’è chi dice che i vini biodinamici siano superiori ai biologici o ai naturali. Da un punto di vista tecnico e scientifico non esiste prova che tale giudizio abbia validità o senso. Ci sono studi che chiariscano come il trattamento biodinamico del terreno non porti alcun vantaggio evidenti al suolo e ai suoi prodotti. Ma è innegabile che l’enologia biodinamica sappia esprimere una forza simbolica e narrativa in grado di intrigare un pubblico enorme.
E non deve stupire… Il vino, da sempre, non è solo gusto o processo produttivo: è anche una storia, una suggestione culturale. E in giro ci sono tantissime persone che hanno bisogno di storie coinvolgenti e grandi racconti spirituali come quello di Steiner.
Calendario lunare e ritmi naturali
Uno degli aspetti più affascinanti dell’enologia biodinamica è il calendario delle semine e della raccolta. Ogni attività agricola deve quindi seguire precise fasi lunari e gli influssi delle costellazioni in base al loro segno zodiacale. Un po’ come facevano gli Antichi, credendo che i movimenti degli astri potessero influenzare lo sviluppo dei prodotti.
Quindi si semina, si pota e si raccoglie seguendo un ritmo cosmico. Si tratta di un ritorno a pratiche antichissime, che mettono un po’ a disagio gli scienziati e i tecnici. Nessuno nega che in tempi remoti i contadini abbiano potuto ottenere dal cielo, per via indiretta o analogica, delle vaghe indicazioni per strutturare il loro lavoro nei campi… Ma non ci sono prove a sostegno della tesi secondo cui i movimenti degli astri, cioè dei pianeti e delle costellazioni, abbiano un’influenza diretta sul ciclo vegetativo delle piante o sull’agricoltura.
I fattori che influenzano la crescita delle piante, secondo gli scienziati, sono altri. E cioè la luce solare, la temperatura, l’umidità, la composizione del suolo, la microbiologia e le pratiche agricole. E non ha quindi senso rispettare un calendario lunare, associare simboli esoterici alle fasi agricole o credere che l’influsso della costellazione dell’Acquario renderà più speciale il vino prodotto in quella particolare annata…
Chi sceglie di seguire le indicazioni steineriane non deve per forza accettare anche tutti gli elementi spirituali e simbolici introdotti dal teosofo. Molti vignaioli biodinamici, per esempio, scelgono comunque di accogliere le indicazioni sul calendario lunare come guida rituale che meglio si accorda ai ritmi naturali della vite.
Ed è possibile che tale approccio li aiuti sul serio a vivere la vigna con maggiore attenzione, piacere e autenticità, anche se nessuno scienziato potrebbe mai riconoscere un nesso causale fra il rispetto del calendario lunare e la produzione di un vino migliore.
Preparati biodinamici: cornoletame e cornosilice
Gli altri simboli della biodinamica sono i preparati. Ovvero i materiali che secondo Steiner bisognava usare per concimare la terra. Il cornoletame e il cornosilice. Il cornoletame è del letame bovino inserito in un corno di mucca e interrato per mesi. Una volta estratto, deve essere diluito e spruzzato sul terreno.
Il cornosilice è polvere di quarzo maturata in un corno. Che però non bisogna spargere sul terreno ma sulle foglie. Perché la pratica dovrebbe favorire la fotosintesi.
Ovviamente, è lecito sorridere di fronte a questi gesti. Chi li pratica parla di abitudini rituali che servono a rafforzare il legame tra uomo e natura. Dei riti che danno al viticoltore la sensazione di partecipare a una specie di ciclo cosmico.
Cura del suolo e biodiversità
Anche la biodinamica, come l’agricoltura biologica, rifiuta l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. Oltre a promuovere lo sfruttamento di cornoletame, l’agricoltura sviluppata da Steiner suggerisce altre pratiche con un loro senso etico e naturale.
Si parla per esempio di copertura vegetale, cioè di coltivare piante erbacee tra i filari della vite o su terreni agricoli per proteggere e arricchire il suolo. Nelle vigne biodinamiche si piantano anche fiori e alberi vari per attirare gli insetti utili. E si è spinti ad arricchire il terreno con compost naturale.
Ed è questo il fascino principale dell’approccio, quello di non trattare il suolo come un mero supporto da sfruttare, ma come sostanza da curare e rispettare.
Differenza tra vini biodinamici, biologici e naturali
Oggi si parla tantissimo di vini biologici e naturali. Così come di vini biodinamici. Ma spesso si fa confusione tra questi tre approcci che poco hanno in comune.
I vini biologici sono quelli prodotti senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, ma senza seguire riti particolari. Quindi, niente calendario lunare, corni pieni di letame sotterrati per mesi o strane pratiche magiche.
Tali vini sono anche regolamentati dall’Unione Europea. Sono dunque certificati e controllati. E la loro specificità può essere apprezzata sia dal punto di vista della sostenibilità che per una questione di gusto.
I vini naturali sono quelli che riducono al minimo gli interventi in cantina. Dunque, si tratta di prodotti con fermentazioni spontanee e pochissima solforosa. Tali vini non sono regolamentati da una normativa univoca. Esistono tuttavia associazioni e consorzi che hanno definito delle linee guida. C’è chi insiste sulle fermentazioni spontanee e chi sui lieviti indigeni e chi invece impone regole molto più complicate.
Dal punto di vista produttivo, il rischio principale della viticoltura naturale è quello di ottenere un vino più instabile e talvolta difettoso. Ma i consumatori sembrano apprezzare e negli ultimi anni i vini naturali hanno avuto grande successo. Per la loro capacità di comunicare autenticità, di farsi espressione diretta del terroir e talvolta anche per un gusto oggettivamente speciale.
Infine, ci sono i vini biodinamici, che sono una specie un po’ particolare: bottiglie che uniscono nel loro sviluppo pratiche biologiche a principi cosmici e preparati rituali. Magia, marketing e storytelling, insomma. Ma anche reale rispetto per il territorio e per la natura.
Metodi di produzione a confronto
I tre vini di cui abbiamo parlato seguono regole diverse di sviluppo sia in vigna che in cantina. Per il vino biologico, l’uva non deve essere toccata da pesticidi, diserbanti e fertilizzanti chimici. Anche se è impossibile garantire che il prodotto non sia contaminato indirettamente.
In cantina, invece, il vino biologico deve rispettare la soglia di determinati livelli di solfiti e cercare di non lasciarsi andare a troppe alterazioni chimiche innaturali. Sono in genere permessi solo alcuni interventi tecnologici come le filtrazioni e le chiarifiche.
In cantina, il biodinamico privilegia sempre le fermentazioni spontanee, l’uso di lieviti indigeni e pretende che ci siano interventi chimici minimi. I solfiti sono limitati ma presenti. Il naturale spinge verso un approccio più radicale: gli interventi sono chimici vietati, i processi di cantina sono pochissimi e i solfiti sono quasi assenti.
Certificazioni e regolamentazioni
La biodinamica ha una certificazione specifica, la Demeter, che garantisce il rispetto dei principi steineriani. I biologici seguono, come anticipato, regolamenti europei, mentre i naturali non hanno ancora una normativa univoca.
Il biologico riesce dunque ad abbinare sicurezza e certificazione con un mercato ampio e un approccio meno radicale. Il biodinamico esprime una grande cura del suolo e la biodiversità ma continua a promulgare aspetti controversi sul piano scientifico.
Il naturale è un vino che piace per l'autenticità e la sua originalità, ma c’è chi pensa che sia un bluff.
Pro e contro dei vini biodinamici secondo esperti e consumatori
Sì, la viticoltura biodinamica ha dei vantaggi evidenti e innegabili. I vini prodotti da chi segue le regole di Rudolf Steiner saranno di certo capaci di esprimere autenticità e un sincero rispetto per l’ambiente. E in molti casi i viticoltori che hanno sposato tale visione hanno saputo dar vita a ottime bottiglie che raccontano senza filtri il terroir e che riescono anche a distinguersi per la loro grande personalità.
Resta comunque il grande punto interrogativo sulla validità e la serietà dei principi cosmici e dei preparati. In tanti consumeranno vini biodinamici perché attratti dal loro valore simbolico più che dalla loro qualità. Inoltre, i costi di produzione di simili bottiglie sono in genere alti. Il mercato sembra quindi destinato a restare sempre di nicchia.
Vantaggi: autenticità e rispetto per l’ambiente
Il vino biodinamico dice di riuscire a esprimere una sintesi pura tra uomo e cosmo, tra terra e cielo, spirito e materia. Che si creda o meno ai principi, simili vini riescono davvero a promuovere un culto della terra che rimanda a tradizioni antiche, a una religiosità naturale che metteva al primo posto i misteri del reale.
Il senso più interessante è di tipo prospettico. Il produttore che sposa l’idea biodinamica impara a guardare alla vite come a un organismo vivente inserito in un contesto di grande fascino, valore e potenza.
Critiche: controversie scientifiche e costi più alti
Lo scarso fondamento teorico dei costrutti steineriani, insieme a tutta l’enfasi sulle forze cosmiche, i rituali magici e l’astrologia, rende la biodinamica un approccio che gli esperti definiscono pseudoscientifico.
Non c’è alcuna prova che la biodinamica accresca la qualità dei prodotti della terra. Ogni test scientifico applicato ai metodi biodinamici non ha offerto risultati convincenti. Uno studio in particolare, che si è concentrato per sei anni sul confronto fra vigneti biodinamici e biologici, ha dimostrato che l’uva biodinamica non presenta alcuna caratteristica specifica rispetto all’altra uva. E non ha effetto a livello di parametri del suolo e dei nutrimenti misurabili.
I preparati usati come concimi vengono poi sviluppati secondo i criteri dell’omeopatia. Ma la chimica prova che quando un elemento è diluito troppo (così come accade nella dinamizzazione dell’acqua e nel consosilice) si annulla nella sostanza di base.
I rituali, il rispetto dei tempi astrologici e il rifiuto di fertilizzanti e pesticidi chimici rende tutto il processo molto costoso per i viticoltori. La produzione è poi limitata per mantenere equilibrio naturale e qualità. Anche la certificazione Demeter, da ottenere e mantenere, comporta costi aggiuntivi.
Anche se la domanda è crescente, l’offerta resta limitata, e pure questo incide sul prezzo finale. Ma intanto alcuni biodinamici italiani hanno raggiunto fama internazionale. Per esempio, il Foradori, prodotto in Trentino, o il Querciabella, vendemmiato in Toscana.


