Il sapore propriamente detto non ha a che fare solo con il gusto ma anche con i profumi: la percezione completa non si forma in bocca ma a livello centrale.
Anche con il vino, l’esperienza globale del sapore si esprime con la sintesi dei segnali inviati dal gusto, dalla vista e dall’olfatto. Il bouquet aromatico di un vino è dunque fondamentale. Il profumo racconta dell’ambiente di coltivazione e maturazione dell’uva e di tutte le trasformazioni chimiche che essa ha subito nel tempo per trasformarsi in prodotto finito.
Per un assaggio appagante, bisogna saper identificare e descrivere i profumi di ciò che si beve. Sembra facile… ma lo è solo apparentemente. La meccanica della percezione degli odori è materia tanto affascinante quanto complessa, anche se inquadrata solo dal punto di vista fisiologico. Per essere colto, un odore deve passare dal naso e arrivare al cervello, trasformandosi in informazione neuronale. E ci sono due vie di accesso per gli odori: una diretta e l’altra indiretta. La prima è la via delle narici. L’altra è la retrofaringe.
Quando deglutiamo, infatti, i vapori ancora contenuti nella bocca salgono fino al naso dando origine a una nuova esperienza olfattiva. E queste sensazioni retrolfattive sono importantissime per apprezzare cibo e vino, coglierne gli aromi e i profumi, oltre che il sapore.
Un profumo è fatto di odori e aromi. Le sensazioni percepite per via diretta sono appunto gli odori. Attraverso la via indiretta si colgono invece gli aromi.
Le origini dei profumi del vino
L’uva in sé ha sempre un suo odore distintivo. E lo stesso vale per la varietà particolare del vitigno (il terroir). Ma il profumo ha anche a che fare con le pratiche colturali e di vinificazione. Ovviamente, non tutte le colture danno origine a uve e vini profumati. Ci sono vitigni caratterizzati da spiccate qualità aromatiche e altri più neutri.
La vinificazione può modificare anche completamente il profumo originale dell’uva. Di solito, però, si parla di arricchimento o amplificazione. La trasformazione delle qualità olfattive dipende principalmente dall’azione enzimatica. E poi conta anche il lavoro dei lieviti. Con la fermentazione si aggiungono tutte quelle note particolari che saranno poi definite acquisite o accessorie. Ma il bravo vinificatore starà sempre attento a conservare l’impronta caratteristica originale, per far sì che la qualità e la struttura del mosto conservino la loro freschezza.
Ulteriori sfumature si aggiungeranno poi con la maturazione e l’invecchiamento. In questa delicata fase, si punta a rendere gli odori più complessi ma anche più stabili. Ogni vino sa esprimere tre categorie di profumi: primari, secondari e terziari.
Profumi primari: l'espressione del vitigno
I profumi primari sono appunto quelli che provengono dall’uva e dal terroir. Possono spaziare dal fruttato al floreale, dalle note erbacee o vegetali a quelle speziate e lambire infine sfumature più o meno minerali.
Tutti i vitigni, in misura maggiore o minore, esprimono un profumo caratteristico. E certe uve hanno appunto un aroma inconfondibile. L’esempio classico è quello del Moscato, con il suo odore che rimanda al profumo dei fiori d’arancio.
Il Sauvignon Blanc, in genere, si caratterizza con gli aromi primari di frutta tropicale e fiori di sambuco, mentre il Cabernet Sauvignon ha sentori di ribes nero e peperone verde. Il Gewürztraminer rivela profumi di litchi, rosa e miele.
Tutti i vitigni citati (insieme alle Malvasie e ai Brachetti) vengono appunto detti aromatici, proprio perché hanno un forte contenuto di profumi primari.
Profumi secondari: il ruolo della fermentazione
I profumi secondari prendono corpo più tardi. Cioè durante il processo di fermentazione. Come anticipato, lo sviluppo di queste note dipende innanzitutto dalle caratteristiche dei lieviti e dalle condizioni di sviluppo e vinificazione.
Sorgono così note di burro, panna e yogurt, che per esempio derivano dalla fermentazione malolattica. I caratteristici aromi di banana, pesca e ananas dipendono invece da particolari ceppi di lieviti. I profumi secondari possono rimandare all’odore di frutta matura, biancospino, tiglio, acacia…
Nei vitigni che esprimono un carattere aromatico meno incisivo o addirittura neutro, i profumi secondari avranno, ovviamente, un maggiore impatto. Altrove, invece, la fermentazione si limiterà ad aggiungere sfumature o ad amplificare caratteri già presenti.
Profumi terziari: l'evoluzione nel tempo
Con l’invecchiamento, sia esso in botte o in bottiglia, si generano poi i profumi terziari, più profondi e complessi. Si formano così (senza aria) particolari sostanze che diventano odorose. E, nel frattempo, avviene anche una trasformazione dei profumi già contenuti nel vino in maturazione.
In questa fase entrano in gioco le sfumature di vaniglia, tabacco, legno, cuoio e spezie. Particolari suggestioni odorose che si creano attraverso l’ossidazione e con l’interazione con il legno e il particolare ambiente di affinamento.
I profumi terziari appaiono eterei e al tempo stesso rilevanti: sono spesso decisivi per la definizione del bouquet. Inoltre, con il profumo, il sommelier riesce a comprendere pienamente le caratteristiche del vino e determinare la riuscita del suo processo di invecchiamento.
Le famiglie di aromi del vino
Per definizione, dunque si è soliti catalogare i profumi del vino in tre macrosezioni. Gli aromi primari (fruttati, floreali, vegetali e minerali), quelli secondari (di frutta secca, caramellati, legnosi…) e quelli terziari (balsamici, di cuoio, minerali…).
Si parte sempre dalla definizione delle famiglie, secondo la divisione già stabilita fra profumi primari, secondari e terziari. Ma anche se la classificazione degli aromi è soggettiva, lo schema universalmente conosciuto come ventaglio dei profumi permette a chi assaggia di avere un quadro più completo per poter riconoscere e apprezzare le caratteristiche olfattive di un vino.
Frutta: freschezza e maturità
I sentori fruttati, tipici degli aromi primari, possono variare da profumi che sanno di frutta fresca a quelli di frutta matura e candita. I vini giovani presentano spesso note di mela verde o agrumi. Per contro, i vini più evoluti sono in genere più inclini a esprimere sfumature di frutta secca, come per esempio fichi e datteri.
Odorando il vino sarà facile intuire il profumo di mela o pera, pesca o albicocca. E ancora più percepibile dovrebbe essere la nota pungente o caratteristica che rimanda agli agrumi, ai frutti di bosco o alla frutta tropicale.
La frutta secca è un riferimento più tipico degli aromi secondari. I profumi di nocciola e mandorla dipendono infatti soprattutto dalle condizioni di fermentazione.
Il Merlot rivela con particolare intensità il profumo di more e mirtilli. Anche il Nero d’Avola è un rosso che esprime profumi intensi di frutti di bosco. Il Ca’ Viti, delle Cantine Neri, per esempio, si distingue per un ritorno olfattivo particolarmente fruttato.
Fiori: delicatezza e intensità
Le note floreali sono spesso chiamate in causa come caratteristiche che donano eleganza e delicatezza al vino. In realtà, il profumo floreale può essere anche più invadente e dunque concentrato. Tra i profumi floreali più riconoscibili ci sono il gelsomino, i fiori d’arancio, la rosa, l’acacia, la camomilla, la viola e il biancospino.
Molti vini bianchi riescono a caratterizzarsi grazie alle sfumature floreali. E vengono detti bianchi aromatici quelli che esprimono note floreali più intense. Anche i rossi possono rivelare odori che rimandano a fiori. Per esempio, il Nebbiolo esprime aromi di fiori appassiti, come il geranio.
Spezie: calore e complessità
Il sentore speziato è un tipico profumo secondario. Si tratta di percepire note che rimandano al pepe, alla cannella, ai chiodi di garofano, alla liquirizia o alla noce moscata. Di norma, tali sfumature arricchiscono il profilo olfattivo dei vini maturi.
Ma non è escluso che simili aromi possono derivare direttamente dal vitigno o che si siano sviluppati in un momento successivo, per esempio con l’affinamento in legno. Uno dei vini dal profumo speziato più noto è il Barolo. Anche il Barbaresco e lo Syrah sono caratterizzati da note di pepe nero. Il Pinot Nero, invece, esprime note di liquirizia, un profumo che sa di complessità.
L’'Aglianico rivela forti sentori di cannella e noce moscata. Anche i bianchi sanno esprimere il profumo caldo delle spezie, come succede al Gewürztraminer.
Erbe e vegetali: note aromatiche
Il profumo erbaceo è quello che richiama il particolare odore dell’erba appena tagliata. L’aroma vegetale è invece riferito a suggestioni che rimandano al caratteristico odore di erbe officinali, aromatiche od ortaggi. Le sfumature sono quelle del timo, del peperone, della gariga.
Si possono anche incontrare sentori di basilico o di foglia di pomodoro. E sono quasi sempre profumi influenzati dal terroir, e quindi primari. Tali sfumature possono poi dipendere dalle metossipirazine, ovvero dalle sostanze naturali presenti nell'uva, come quelle che conferiscono il profumo di peperone verde.
Un altro sentore aromatico vegetale importante è quello del fieno, che però può comparire anche in fase di invecchiamento. Il Sauvignon Blanc rivela note di bosso e foglia di pomodoro, il Cabernet Sauvignon, invece, è impreziosito da caratteristiche note di peperone verde.
Tostato e affumicato: aromi di invecchiamento
Caffè, cacao e tabacco sono odori tipici dei vini maturati in botti di legno. Si parla di tostatura come processo chiave che può avvenire solo nelle botti e che può giocare un ruolo determinante nel conferire una particolare profondità e una spiccata struttura al vino. Da qui il profumo terziario che rimanda al cuoio, alla pelle, al tabacco o al cacao.
Il profumo di caffè nel vino è spesso associato anche allo Champagne, specie quello molto vecchio. Oppure si riscontra in alcuni rossi di grande struttura invecchiati più di vent’anni. Vini come il Cabernet Sauvignon e Pinot Nero possono sviluppare un particolare profumo di cacao, specie se vinificati per il consumo in giovane età e se presentano un'alcolicità relativamente alta. Il Brunello di Montalcino, invecchiato più di cinque anni in botti di rovere, sviluppa un aroma di cioccolata.
Grazie alla surmaturazione di alcune uve (cioè il processo che porta un frutto ad andare oltre il livello standard, normale maturazione) il sentore di tostatura può essere così forte da ricordare l'orzo tostato o addirittura il catrame. La tostatura è una qualità olfattiva spesso collegata a vini più dolci e aromatici. I cosiddetti passiti o prodotti con la vendemmia tardiva.
Come riconoscere e descrivere i profumi del vino
Nell’analisi organolettica del vino bisogna saper individuare il sentore di ogni profumo o almeno di una famiglia di profumi recepiti per via nasale o retronasale.
Come abbiamo spiegato, i sentori si possono classificare in base alla provenienza (primari, secondari, terziari) o in modo più descrittivo, distinguendo fra profumi aromatici, floreali, fruttati, vegetali, speziati, tostati, animali (ci sono anche vini con caratteristico profumo di “pipì di gatto” o “sudore umano”!), eterei, diversi…
Già, per cogliere il profumo dominante bisogna essere allenati e avere un naso particolarmente sensibile. Lasciarsi istruire dalle etichette è importante, per poter appunto allenare il proprio olfatto partendo da assaggi più didascalici. Se sull’etichetta c’è scritto che il vino rivela note floreali e di agrumi, bisognerà mettersi alla prova per capire se il proprio naso è in grado di percepirle.
L'importanza dell'olfatto nella degustazione
Il sommelier professionista lavora soprattutto con il naso. E deve farlo anche l’appassionato di vini.
L’olfatto, diranno gli esperti, è il senso che più di ogni altro consente di cogliere le sfumature di un vino. Di poter vagliare la vera qualità di una bottiglia. Solo grazie all’analisi olfattiva, il degustatore potrà infatti determinare la bontà e la complessità di ciò che sta bevendo. Anche per cogliere l’evoluzione del prodotto, la sua storia e la sua “naturalezza” è necessario concentrarsi sugli odori.
Tecniche di analisi olfattiva
Ogni degustazione prevede un’analisi olfattiva. E quest’analisi si divide in tre fasi distinte dette olfazioni. Si parte con l’esame a bicchiere fermo. Si tratta del momento in cui percepire i profumi più volatili. Poi si passa all’esame dopo agitazione del calice. Il movimento del bicchiere dovrebbe far sprigionare aromi più intensi. Infine, c’è la parte più difficile: l’esame retro-nasale. Bisogna riuscire a distinguere gli aromi che si combinano alle sensazioni gustative.
Con la prima olfazione bisogna cogliere il profumo dominante. Poi si potranno analizzare i profumi secondari ed evolutivi. Con la terza olfazione possono tornare a essere analizzati i profumi del vitigno e quelli derivanti dalla fermentazione e dall'affinamento, ma l’analisi coglierà soprattutto i profumi terziari (cioè quelli dall'invecchiamento).
Il linguaggio dei profumi del vino
Descrivere i profumi del vino richiede un lessico preciso. Ecco perché è importante leggere le etichette, anche per educarsi a una certa terminologia. Oltre ai nomi dei profumi, bisogna imparare anche il frasario accessorio e distinguere fra aromi fragranti, persistenti, eterei, avvolgenti… A che pro?
Senza un lessico di riferimento sarà impossibile anche solo pensare o inquadrare le sensazioni olfattive in modo chiaro.
Profumi e abbinamenti: creare armonie gustative
Il bouquet aromatico di un vino è importante anche per la scelta degli abbinamenti gastronomici. Per esempio, un vino con note speziate si armonizzerà con piatti particolarmente aromatici o sarà poco indicato per essere abbinato a piatti già di per sé molto speziati.
Un piatto particolarmente delicato come un secondo di pesce potrebbe aver bisogno di un bianco floreale altrettanto delicato. Un vino bianco fruttato e aromatico, come un Gewürztraminer, può essere abbinato a un risotto agli asparagi per bilanciarne l’odore pungente.