Etichette, annate e marchi sono indicazioni fondamentali per gli amanti del vino. Tali riferimenti trascendono sovente la loro utilità puramente accessoria o didascalica per imporsi come valori definitivi.
Conta insomma molto di più quel che c’è scritto sull’etichetta (o sullo scontrino) rispetto a quel che dice il palato… Ammettiamolo, è difficile non lasciarsi influenzare dal nome, dal prezzo e dall’aspetto di una bottiglia. Per questo è utile allenarsi ad andare oltre il paratesto, ovvero ai riferimenti strumentali espressi da una bottiglia con l’etichetta. Per concentrarsi sulla sostanza si può per esempio provare un’esperienza di degustazione alla cieca.
No, l’esercizio non prevede che gli assaggiatori siano bendati, come i condannati a morte, né rinchiusi in ambienti privi di irradiazione luminosa. Il punto è poter mettere alla prova i propri sensi e applicarsi esclusivamente al contenuto del bicchiere. Il blind tasting non è solo un gioco: è un’esperienza dove il gusto personale riacquista il primato su tutto il resto.
Cos’è una degustazione alla cieca del vino e perché provarla
In pratica, si tratta di assaggiare uno o più vini senza appoggiarsi alle informazioni relative alla provenienza, alla tipologia o al produttore. L'obiettivo di una simile pratica è quello di stimolare al massimo i sensi del degustatore. Con l’assaggio, si potrà così valutare un vino partendo dalla pura e semplice esperienza diretta e non mediata. Nessun pregiudizio, nessun appiglio: chi beve potrà basarsi solo sulle sensazioni evocate dai profili sensoriali.
Ma come funziona? Per poter partecipare a una degustazione alla cieca basta confrontarsi con bottiglie di vino con l’etichetta coperta. Certo, i più fanatici, possono anche coprirsi gli occhi… Ma per una vera degustazione è fondamentale anche l’impressione visiva. Dunque, meglio poter guardare bene cosa c’è nel bicchiere.
Le altre impressioni da vagliare sono quelle olfattive. Dopodiché si passa al gusto. Successivamente, chi ha assaggiato proverà a indovinare cosa ha bevuto. Il suo palato saprà individuare la tipologia di vino appena gustata, la sua provenienza e magari anche l'annata o il produttore?
Le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Qualcuno non riuscirà a distinguere un Bordeaux di Chateau Mouton Rothschild da un Montepulciano d’Abruzzo venduto a 4 euro al supermercato. Qualcun altro confonderà il Vermentino Sardo con il Frascati…
Come partecipare a una degustazione alla cieca
Partecipare è semplice: si può fare anche in autonomia. Di base, basta trovare un gruppo di amici. Ah, mi raccomando: è indispensabile per la buona riuscita dell’esperimento coinvolgere partecipanti sobri in partenza e che non comincino a dare di matto al secondo assaggio. Poi, bisogna bendare le bottiglie (non gli assaggiatori!). Oppure, anche se è meno scenico, versare il vino in bicchieri anonimi.
Per poter rendere il tutto ancora più interessante, sarebbe il caso di servire anche qualcosa da mangiare, per capire come il vino si adatti a questo o a quell’ingrediente.
Per fare le cose come si deve, occorrerebbe però usare i bicchieri adeguati, servire i vini alla temperatura di servizio corretta e procedere con l’esperienza in un ambiente privo di odori forti. Ecco perché conviene affidarsi a chi organizza professionalmente simili degustazioni.
Degustazioni alla cieca da Cantine Neri
Cantine Neri, organizza interessanti visite, tra cui anche sessioni di degustazione alla cieca. Con la guida di un esperto, sarà più facile assicurarsi che il confronto fra vini sia equilibrato e che ogni tipo di condizionamento venga annullato. Il sommelier aiuterà poi i partecipanti a interrogarsi sui profili organolettici dei vini. Al costo di 70 euro, l’esperienza prevede anche l’accompagnamento di un piatto di salumi e formaggi locali, con bruschetta impreziosita da olio prodotto in loco.
Come funziona: le fasi della degustazione alla cieca
La degustazione alla cieca si basa su tre fasi fondamentali. Si deve partire sempre da un esame visivo. Poi si passa a un’analisi olfattiva. Quindi arriva il momento di assaporare il vino, per l’esame cardine: quello gustativo.
Ogni fase è importante. Colore, limpidezza, profumi, suggestioni, sapore e aroma sono i contenuti misteriosi da interpretare e vagliare.
L'analisi visiva e quella olfattiva sono momenti chiave: questi passaggi forniscono infatti informazioni cruciali prima ancora di assaggiare il vino e permettono un godimento completo del prodotto. Senza guardare e senza sentire il profumo sarà complicato apprezzare tutta la complessità o individuare eventuali difetti.
L'esame visivo: colore, intensità e limpidezza
L'osservazione attenta del vino permette di valutare il colore, l’intensità cromatica e la limpidezza. E no, non si tratta di distinguere fra rosso, bianco e rosato… Dal colore si può intuire l'età e lo stato evolutivo del prodotto. Per esempio un rosso granato è indice di maturità. Un bianco tendente al verdognolo è una caratteristica di un prodotto particolarmente fresco o acido.
L’analisi dell’intensità cromatica dovrebbe poter suggerire la concentrazione del vino e la sua struttura. Abbiamo a che fare con un rosso ricco di tannini o più morbido? Con un bianco giovane o con un vino leggermente più strutturato e definito?
Per quanto concerne la limpidezza, un vino torbido potrebbe avere difetti o essere naturale, un vino crudo, come si suol dire.
L'esame olfattivo: profumi primari, secondari e terziari
Il cibo non si annusa: è maleducazione. Il profumo del vino, invece è indispensabile per conoscere meglio ciò che si sta bevendo.
I profumi primari sono quelli che derivano dal vitigno. Se quell’uva è cresciuta in una vigna contigua a un frutteto potrebbe rimandare a specifici odori di frutta… La buccia dell'uva, in sé, contiene un’infinità di composti organici. E una piccola parte di questi composti dà luogo agli aromi primari. Anche una questione di chimica, quindi.
Se la buccia contiene terpeni (come succede al Moscato, alla Malvasia e al Brachetto) si sentirà un caratteristico odore di muschio. Con prevalenza di tioli volatili, tipici del Sauvignon bianco, si ha un’aromaticità che rimanda a frutti rossi e agrumi.
I profumi secondari sono quelli che dipendono dalla fermentazione (le note che rimandano al pane, al lievito…). Qui, le sostanze influenti sono il glutatione (che preserva gli aromi volatili), le mannoproteine (che amplificano i tannini) e il glicerolo (che aiuta la conservazione dell’acidità). In questa categoria di profumi, le note dominanti dovrebbero essere quelle di banana e caramello.
Infine, ci sono i profumi terziari, che raccontano dell’invecchiamento (nocciola, caffè, cuoio, tabacco, cacao) in botte o in bottiglia e dell’ambiente di conservazione. C’è anche l’odore di tappo, che però non è un buon segno…
L'esame gustativo: sapori, struttura e persistenza
Finalmente ci siamo: si arriva al momento clou. Il primo sorso. L’assaggio deve essere delicato e misurato: non si tracanna! Il vino va assaporato per dar modo alla lingua di cogliere il suo sapore dominante. Abbiamo a che fare con un vino dolce? Con un sapore più acido? Con note amare? O ci sono sentori di sapidità?
In bocca bisogna saper valutare anche la struttura: si sta bevendo qualcosa di leggero o di più complesso? Conta anche la persistenza aromatica. Per quanto tempo il sapore del vino resta in bocca? Il sapore con i suoi aromi è durato un attimo o vari secondi? Se il sapore resta a lungo, significa che abbiamo a che fare con un vino buono o comunque di carattere.
L’esame della gradazione alcolica può essere svolto anche senza sperimentare su sé stessi l’effetto intossicante della bottiglia. L’alcol ha un sapore. E sarà dunque facile intuire anche con un sorso solo se un vino ha un’alta o una bassa gradazione.