Al ristorante, si può scegliere il vino giusto anche senza l’aiuto del sommelier. Non serve essere dei grandi esperti: basta un pizzico di curiosità e la voglia di lasciarsi guidare.
Ogni volta che si cena fuori, è bene tenere presente che il vino non si ordina per superare un test di cultura enologica, ma per il piacere di gustarlo e condividerlo. Ciononostante, capita spesso di essere colti da una sorta di imbarazzo. Ci si siede a tavola, si decide cosa mangiare e poi, all’arrivo del cameriere, monta una strana paura rispetto alla scelta della bottiglia da ordinare.
Tale particolare scrupolo non riguarda solamente chi non s’intende per nulla di vino. Colui che ama bere e capisce qualcosa di enologia potrebbe essere socraticamente intimorito dall’ordinazione e bloccarsi di fronte alla carta dei vini: chi sa di non sapere abbastanza, di solito, si preoccupa maggiormente di poter sbagliare.
Ma niente paura! Ora proveremo a superare insieme la fobia collegata alla scelta del vino al ristorante. Innanzitutto, è bene emanciparsi mentalmente dal timore del giudizio altrui. Chi ordina si assume l’onere di scegliere cosa bere, e lo fa perché nessun altro si è fatto avanti. Di conseguenza, ogni protesta a posteriori sarà ingiustificata.
Il problema principale è quello di saper interpretare correttamente la carta dei vini. Quando ci sono troppe opzioni in ballo, è facile confondersi.
Strategie per scegliere il vino giusto in base al pasto
Ci vuole solo un pizzico di buon senso. La prima regola da seguire è quella di concentrarsi sulle portate del pasto. Il vino, pur avendo dignità propria, va inteso come un accompagnamento. Prima di sfogliare la carta dei vini, è dunque meglio ragionare su cosa si è ordinato da mangiare.
Abbiamo spesso parlato degli abbinamenti classici e delle regole basilari da tenere in considerazione. C’è l’abbinamento per tradizione o territorio, secondo cui si sceglie un vino della stessa Regione del piatto. Poi c’è l’abbinamento stagionale: vini freschi e leggeri in estate; vini strutturati e caldi in inverno.
L’abbinamento tecnico si baserà invece sulle proprietà organolettiche del vino per bilanciare il piatto di portata: l’acidità, la tannicità, la dolcezza… Poi c’è l’abbinamento contestuale, forse il più complicato, perché fondato sul concetto di atmosfera: si prova a trovare un vino che dialoghi bene con il piatto e con la situazione.
Infine, c’è l’abbinamento per contrasto o concordanza. Ecco… la concordanza è la regola d’oro per gli indecisi e i timorosi.
Considerare gli abbinamenti con le portate
Si ordina un piatto di carne rossa? E allora conviene chiedere un rosso strutturato. Per esempio un Brunello o un Barolo. Con il pesce e i piatti più delicati, la concordanza chiama dei vini bianchi e freschi, come la Falanghina o un Sauvignon.
Con piatti più semplici, tipo degli spaghetti al pomodoro fresco, è giusto buttarsi su un rosso più giovane e profumato. Come per esempio un Chianti classico. Anche con una lasagna, il Chianti può essere una scelta azzeccata, così come ogni altro rosso in grado di donare intensità e corposità ma senza eccessi.
Con un risotto ai funghi porcini, è consigliabile ordinare un Pinot Nero o un Nebbiolo. Con i formaggi stagionati, come pecorino e parmigiano, vanno bene vini come l’Amarone e il Taurasi. Con il sushi potrebbe andar bene un Sauvignon Blanc oppure un Prosecco Brut, se si preferiscono le bollicine.
Vini locali: un’opzione sempre vincente
Se il metodo della concordanza non convince o se la scelta è ancora troppo ampia, c’è un jolly da potersi giocare: il vino legato al territorio. Se si sta mangiando un menù tipico regionale in un ristorante toscano, con un vino toscano non si sbaglia mai. In Umbria, di fronte a un tagliere di salumi e formaggi locali o a un piatto profumato al tartufo nero di Norcia, si può invece chiedere un rosso orvietano, come il Rosso dei Neri prodotto dalle Cantine Neri.
Chi mangia pesce in Campania potrà scegliere una Falanghina. Se invece il menù è di carne sarà possibile optare per un Aglianico. I vini locali nascono proprio per accompagnare la cucina del posto, rimandano a quei profumi e a quella cultura… Dipende dal terroir, cioè dal suolo, dal clima, dalla particolare altitudine… Queste caratteristiche, inevitabilmente, influenzeranno sia i vini prodotti in loco che i principali ingredienti della cucina. Quindi, si sbaglia raramente.
Scegliere il prodotto locale ha senso anche per poter godere di un’esperienza più autentica. Dopodiché sarebbe giusto tenere a mente il criterio dell’abbinamento per concordanza anche con i vini locali. Il vino locale più acido sarà utile a bilanciare la grassezza di certi piatti più ricchi, i tannini si legheranno perfettamente alle proteine della carne. E le bottiglie con un carattere più aromatico si armonizzano con spezie ed erbe del posto.
Valutare il contesto e la compagnia
Meglio guardarsi attorno, ché il contesto è sempre fondamentale. Bisogna evitare gli assolutismi e rendersi conto che, spesso, nella vita tutto è relativo. E dato che al tavolo del ristorante, di norma, ci si siede con altre persone, è importante capire con chi si ha a che fare.
D’altro lato, è utile anche capire in che tipo di ristorante ci si è accomodati. Dunque, se si sta cenando in un luogo informale, con amici che bevono solo birra e cocktail e non sono amanti del vino, non avrà molto senso ordinare un Amarone o una bottiglia troppo raffinata.
Quando si è in compagnia di familiari, il più delle volte è inutile cercare la soluzione elegante: meglio andare su qualcosa di più versatile o genuino.
Per una cena di lavoro, sarebbe meglio evitare vini troppo audaci. Per le cene romantiche, si potrebbe scegliere qualcosa di vivace, se si mangia pesce o per l’aperitivo. Per esempio, un Valdobbiadene Extra Dry. Per accompagnare i piatti più ricchi è fondamentale scegliere un vino che sappia creare un’atmosfera calda. Andrà bene un Chianti o un Aglianico del Vulture in un ristorante intimo. In una location più esclusiva, potrebbe aver senso cercare qualcosa di più ricercato e sofisticato.
L’idea è quella di scegliere un vino profondo, leggermente speziato e con tannini morbidi. Per i primi di mare o per piatti leggeri si può scegliere un Pinot Bianco, un Sauvignon Blanc o Fiano di Avellino. Qualcosa di minerale e fresco, complesso quanto basta ma non invasivo.
Il consiglio generale, specie per i primi appuntamenti, è quello di evitare vini troppo alcolici o pesanti, non sia mai che uno dei due commensali finisca per sragionare!
Come leggere la carta dei vini
La carta dei vini in generale segue una logica precisa. Dovrebbe esserci insomma un ordine tipico, facile da interpretare.
Le prime pagine dovrebbero presentare le bollicine. Poi dovrebbero essere elencati i bianchi. Nella parte centrale della carta dovrebbe esserci spazio per i rossi. E la carta dovrebbe chiudersi con i vini da dessert e i passiti.
Ci sono carte dove la suddivisione per tipologia mette al primo posto i vini bianchi e i rossi, dopodiché presenta i rosati, quindi gli spumanti e gli champagne e, infine, i vini liquorosi e i passiti.
Ordine e categorie della carta dei vini
Ultimamente sempre più carte introducono una sezione ad hoc per i vini naturali, biologici o locali. Può esserci poi una suddivisione ulteriore, per Regione o zona. In Italia, è semplice che i ristoranti presentino i vini raggruppandoli per Regione, da Nord a Sud. Nei ristoranti internazionali, la suddivisione sarà per Paese: vini francesi, italiani, spagnoli, cileni, californiani…
Una carta dei vini completa oltre a presentare l’indispensabile nome del vino deve specificare il produttore o la cantina. Sarebbe bene indicare l’annata, la denominazione e il vitigno. Un altro riferimento essenziale è il prezzo.
Non è così importante aggiungere le note di degustazione. Ma c’è chi cerca di introdurre sulla carta dei vini anche questo tipo di didascalie, illustrando gli aromi, descrivendo il corpo e suggerendo gli abbinamenti.
Il ruolo dei prezzi e delle etichette
Riguardo alla denominazione è fondamentale sapere cosa significano le varie sigle DOC, DOCG, IGT… Se è presente una di queste sigle, vuol dire che il vino è controllato. IGT sta per indicazione geografica tipica ed è il livello base tra i vini di qualità. Precisa che quel vino viene da una zona geografica ampia, ma con regole di produzione meno rigide.
DOC sta per denominazione di origine controllata e indica che quel vino arriva da una zona delimitata e che è stato prodotto seguendo un disciplinare. Quindi con controlli sui vitigni, sulla resa, sulle tecniche di vinificazione e sulle caratteristiche organolettiche.
DOCG è il marchio della denominazione di origine controllata e garantita. In pratica, il massimo riconoscimento per un vino italiano. Un DOC che prevede anche delle analisi chimico-fisiche e sensoriali e un sigillo di Stato sulla bottiglia. I DOCG provengono quasi tutti da zone di produzione storicamente vocate alla vinificazione.
Anche l’annata è un riferimento importante. Ma meglio non sopravvalutarne il senso. Anche perché non sempre vecchio vuol dire buono. Un bianco del 2020 può essere molto meglio di un rosso del 2001.
Allo stesso modo il prezzo non va interpretato come un indicatore assoluto di qualità. Conosciamo il mercato: in moltissimi casi si paga il nome e non la sostanza. Più un marchio (in questo caso un’etichetta) è noto e più il prezzo sale, anche se magari la qualità è media.
Scegliere il vino solo in base al prezzo è un errore comune. Magari il vino più economico in lista è dignitoso mentre il più caro è una mezza truffa. Altro aspetto fondamentale da considerare: il prezzo di un vino buono al ristorante può variare parecchio. Si va dai 10 euro circa per il vino della casa servito nella caraffa, ai 30-40 euro per il vino di etichetta nota. Con il vino pregiato si sale sopra i 50 euro e si arriva ai 150. Quando si chiede un vino da collezione, nel ristorante stellato possono andarsene pure 500 euro!
Quando affidarsi al sommelier del ristorante
Se il ristorante prevede la presenza di un sommelier, perché non approfittarne? Qualcuno potrebbe essere spaventato da questa figura, ma ci si può rapportare tranquillamente a un esperto senza sentirsi inadeguati. Basta porre le domande giuste.
Per esempio… “Abbiamo ordinato questo piatto, in cantina avete qualche vino che potrebbe accompagnarlo bene?” Basta anche un semplice: “Cosa ci consiglia?”. Non c’è dunque bisogno di fingersi un intenditore, di cercare di infilare la parola “bouquet” da qualche parte o di parlare di botti di rovere.
La presenza di un sommelier in un ristorante, di norma, non comporta necessariamente un costo aggiuntivo diretto per il cliente. Inoltre, lo si può chiamare in causa anche se non s’intende farsi consigliare un vino. Il sommelier è lì principalmente per servire correttamente la bottiglia. Alla giusta temperatura, dopo l'opportuna decantazione e nei bicchieri più adatti.
Errori da evitare nella scelta del vino
Non è una sfida e non è un quiz a premi. Si può sbagliare ordinazione. Ma seguendo i consigli finora citati, sarà comunque possibile mettersi al riparo dagli scivoloni più imbarazzanti.
Innanzitutto, è importante evitare di rovinare la cena. Meglio, quindi, non ordinare un Chianti con un piatto di spaghetti alle vongole o un Lambrusco con il sushi. L’altro errore da evitare è quello di atteggiarsi da intenditori quando in realtà a stento si riesce a decifrare il senso della carta dei vini. Meglio essere onesti con sé stessi e con gli altri, chiedere consiglio ai commensali e interpellare il sommelier o un cameriere.
Meglio poi non scegliere solo in base all’etichetta o al nome familiare. Dopodiché è un grave errore anche non stabilire un budget iniziale. Decidendo prima quanto si vuole o si può spendere si possono evitare brutte sorprese.
Scegliere solo in base al prezzo
l prezzo al ristorante è spesso il doppio o il triplo di quello del vino acquistato in enoteca o al supermercato. Quindi un vino che costa 8 euro nell’alimentari sotto casa, al ristorante può arrivare tranquillamente a 25 euro.
Ma questo rincaro è ovviamente giustificato. Si dà infatti per scontato che il ristorante abbia conservato nel modo più adatto il vino in questione e che possa servirlo nel modo migliore possibile.
Ignorare gli abbinamenti con il cibo
Anche in questo caso, il criterio dell’abbinamento è fondamentale. Un vino da 80 euro potrebbe rovinare un piatto delicato rivelandosi troppo intenso… In queste situazioni, è preferibile optare per un vino meno costoso ma che si accordi meglio al piatto.
Per risparmiare, conviene privilegiare i vini locali. Molti prodotti regionali, anche se meno noti, possono offrire un’eccellente qualità a un prezzo contenuto. E scegliere solo in base al prezzo potrebbe essere da miopi.
Non chiedere consiglio se si è indecisi
Meglio non improvvisare. Se non c’è alcun riferimento noto o facilmente interpretabile nella carta dei vini, non è il caso di scegliere a casaccio. In queste situazioni bisogna affidarsi con fiducia a chi in quel ristorante ci lavora e conosce le bottiglie.
Affidarsi al consiglio altrui non significa doversi adattare per forza a un’imposizione esterna. Basterà spiegare cosa si cerca o cosa piace, ribadendo per esempio che si preferisce un vino secco o qualcosa di fruttato, oppure qualcosa di più strutturato.
Chiedere consiglio è anche un bel modo per imparare cose nuove e arricchirsi. Meglio scoprire vini mai assaggiati prima, sperimentare e avere qualcosa di inedito da assaporare…